L’accertamento… verde

Oltre 100 miliardi di euro di evasione fiscale in Italia ogni anno.

Basterebbe questa cifra per comprendere, al di là di ogni approccio filosofico al problema, che l’estensione del green pass al mondo del lavoro è sostanzialmente fuffa.

È un provvedimento che certamente offrirà materiale fresco ai comici nostrani. Indubbiamente l’inventiva italica per eludere norme e regole grottesche è risaputa, per fortuna.

A prescindere da queste annotazioni goliardiche, che comunque hanno una loro fondatezza, torno ad essere serio e a proporre una riflessione più ampia, con spunti inediti e originali.

Da sempre una persona con disabilità mal sopporta di essere valutata in base alla difficoltà che ha. Umanamente valgo per quello che sono e non per il fatto che devo lottare contro delle menomazioni: sono nonostante la mia condizione.

È proprio una questione di dignità dal momento che un individuo non è mai un handicappato, ma ha un handicap che non a caso necessita di certificazione: un handicap determina una condizione, non già una malattia.

Un datore di lavoro può richiedere il certificato handicap al lavoratore per accedere a delle agevolazioni fiscali, oppure può anche richiedere il certificato dello stato di salute per ragioni di sicurezza o assicurative.

Ovvero per questioni “accessorie” al rapporto professionale.

La certificazione verde, però, tende esclusivamente a minare il rapporto fiduciario fra datore di lavoro e lavoratore perché nasce da una presunzione o, peggio ancora, da un pregiudizio: che l’interlocutore possa trasmettere il SARS Cov 2 e solo quello.

Chi trasmette qualunque altro virus è liberissimo di farlo.

A questo punto, a me sembra abbastanza evidente che la sola richiesta di esibire il green pass sia sostanzialmente un atto diffamatorio e calunnioso perseguibile per Legge.

È la stessa logica che sottende ad un accertamento fiscale: non spetta mai allo Stato provare l’evasione, bensì spetta al mal capitato contribuente dimostrare di aver pagato tutto.

Oppure è la stessa logica che porta un soggetto con handicap a dover dimostrare di poter svolgere una tal professione, a prescindere dai titoli conseguiti o dal curriculum vitae.

In tal senso, ogni tampone negativo potrebbe e dovrebbe tradursi in una causa di risarcimento per danni morali ed esistenziali contro lo Stato o contro chiunque soggetto fisico o giuridico domandi di vedere il green pass.

Vogliono ingolfare i tribunali?

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