La vera dignità (rubata) dei poveri e degli ultimi

Torno a trattare un tema che merita un approccio più alto e meno ideologico: la vera dignità dei poveri e degli ultimi.

Parto con il ricordo di una vicenda personale, accaduta tanto tempo fa, che rende bene l’idea di come si strumentalizza “l’ultimo”.

Era una settimana di ferragosto – di quale anno non ricordo – e si doveva organizzare il tradizionale soggiorno presso una casa vacanza per disabili a San Zeno di montagna, gestita da una storica associazione di Verona.

Il problema di quell’anno era che l’associazione non riusciva a trovare volontari a sufficienza per garantire il soggiorno. Rischiava di saltare tutto.

Decisi di assumermi la responsabilità di trovare i volontari e di garantire la settimana ferragostana,

Così feci e la notizia arrivò ai media locali, scatenando la rabbiosa reazione dei responsabili dell’associazione.

Un giovane ed intraprendente portatore di handicap riusciva là dove loro avevano alzato bandiera bianca. Semplicemente inaccettabile.

Fui espulso dal gruppo.

Ricordo questo episodio perché rivelatore di un abuso del “povero”. Il quale merita assistenza e sostegno sempre nell’ambito di una struttura istituzionale di appartenenza. Non può uscire dal consentito e fare da solo.

Ancora oggi il povero, l’ultimo è in ostaggio di una istituzione. I disperati in mare sono ostaggio delle ONG, i migranti lo sono delle cooperative e via dicendo.

Catene esistenziali

Dal momento che il povero ha la grande dignità di essere di Cristo, diviene segno reale di resurrezione, e quindi di sfida al mondo, quando riesce a rompere le catene dell’ideologia che lo tiene segregato.

Liberare il povero, l’ultimo dalla malsana teologia della liberazione, ad esempio, è un ottimo servizio al povero perché libera l’azione di Cristo nel mondo.

L’emancipazione del povero,  come reale presenza di Cristo nella storia degli esseri umani, è la controrivoluzione cristiana al nuovo umanesimo, sostenuto anche dal vegliardo vestito di bianco.

La dignità del povero è l’affermarsi della sua piena libertà a prescindere da qualunque strumentalizzazione ideologica.

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